70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE
“Il primo significato di libertà che assume la scelta resistenziale è implicito nel suo essere un atto di disobbedienza. Non si trattava tanto di disobbedienza a un governo legale, perché proprio chi detenesse la legalità era in discussione, quanto di disobbedienza a chi aveva la forza di farsi obbedire. Era cioè una rivolta contro il potere dell’uomo sull’uomo, una riaffermazione dell’antico principio che il potere non deve averla vinta sulla virtù. Che il potere contro il quale ci si rivoltava potesse poi essere giudicato illegale oltre che illegittimo in senso forte, non fa che completare il quadro. La scelta dei fascisti per la Repubblica sociale – è una differenza che giova subito porre in rilievo – non fu avvolta da questa luce della disobbedienza critica. […]
Per la prima volta nella storia dell’Italia unita gli italiani vissero in forme varie un’esperienza di disobbedienza di massa. Il fatto era di particolare rilevanza educativa per la generazione che, nella scuola elementare, aveva dovuto imparare a memoria queste parole del libro unico di Stato:<<Quale dev’essere la prima virtù di un balilla? l’obbedienza! e la seconda? l’obbedienza>> (in caratteri più grandi) <<e la terza? l’obbedienza!>> (in caratteri enormi). ”
Alla generazione di cui parla lo storico Claudio Pavone appartenevano anche Spartaco Franzosi, Piero Fontana e Jacopo Dentici, nel 1943 studenti liceali in questa scuola e passati nel breve volgere di qualche mese ad un impegno attivo nelle file della Resistenza. Piero Fontana morirà il 15 dicembre 1944 durante il grande rastrellamento nazifascista di quell’inverno; Jacopo Dentici pochi mesi dopo.
Così lo ricordava Bianca Ceva nel lontano, per noi, 1948.
“Non ho conosciuto Jacopo Dentici. Avevo udito il suo nome sulla montagna fin dal novembre 1943. Oggi mi sta dinanzi l’immagine del suo volto ridente, ai piedi della quale leggo: “La legge morale va portata nel mondo e nella società, va attuata come sacrificio perché serva ad esempio.” Queste parole furono scritte da lui a diciotto anni, poco prima della morte, poichè Jacopo Dentici, nato a Rio Grande nel settembre 1926, cadde nel campo d’eliminazione di Gusen nel marzo 1945. Le parole in sè non hanno molta importanza: divengono segno mirabile ai nostri occhi quando noi sappiamo che chi le ha scritte è stato consumato dal desiderio di attuarle ed ha bruciato la breve vita sapendo di testimoniare nel sacrificio supremo la legge morale. […]
Aveva voluto e scelto il suo posto nella lotta per la libertà: era stato arrestato il 7 novembre 1944 a Milano nella sede del Comando generale del C.V.L. [Corpo Volontari della Libertà] quando, pur sapendo l’ufficio di Viale Bianca Maria 45 sorvegliato dalla polizia, aveva coraggiosamente tentato di ritornarvi per porre in salvo documenti importanti; consegnato alle SS tedesche era stato per due mesi prigioniero nelle carceri di S. Vittore, di lì era stato trasferito a Bolzano nel gennaio 1945 e poi a Mauthausen nel campo di Gusen II.”
Aveva poco più di 18 anni. Le statistiche ci dicono che il 75% dei partigiani erano giovani intorno ai vent’anni: il senso e il valore della loro difficile scelta è al centro della riflessione di Ferruccio Parri.
“Jacopo tra il 1943-44 rifletté a lungo. Poi si decise, e fu una decisione sua e meditata, non influenzata da esempi e da amicizie. Nel ragazzo vi era la stoffa del’uomo che vuol essere chiaro con se stesso. Molti fecero come lui, a Milano ed in tutta l’Italia combattente.Ma perché quella maturazione di coscienza e di scelta mi aveva particolarmente colpito ed interessato? Perché era la risposta dei giovani che nei primi mesi di lotta ancora incerti più ansiosamente attendevamo. Essa ci avrebbe detto se eravamo dei superstiti accantonati dalla storia o avevamo per noi l’avvenire. Questa risposta ci avrebbe dato storicamente torto o ragione.Essa dette ragione alla insurrezione liberatrice; l’apporto di giovani coscienze pure e disinteressate ne accentuò il valore e l’impegno di rinnovamento, ne accrebbe la tensione e l’altezza morale: quella che permette a buon diritto di parlare di Risorgimento nazionale.”
Proprio questo ci dicono le parole dell’ultimo biglietto di Jacopo alla sorella Ornella prima della partenza:
“Stiamo per partire. Se non temessi di cadere nella retorica, direi: Viva l’Italia! Abbracci affettuosi!
A chi, come noi, ha recentemente toccato con mano il lancinante silenzio di Mauthausen non è permessa indifferenza per le vittime di una ferocia disumana, macchiatasi di violenze inaudite. Soffermandosi al cospetto del monumento eretto in onore dei nostri caduti, si percepisce il grido di chi, come Jacopo Dentici, ci chiede di ricordare e di difendere sempre la nostra libertà, ottenuta a caro prezzo grazie a chi ha sacrificato se stesso per il suo futuro ed il nostro presente.Noi giovani non permetteremo che la loro morte sia vana, ma ne faremo baluardo delle nostre vite e orgoglio della nostra comunità.
Lettori: Beatrice Bartilucci, Riccardo Buscaglia, Vittoria Alessandra Cavanna, Alessandro De Lucia, Gianluca Fassino