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Sermig – L’Arsenale della Pace

Lo scorso 19 febbraio le classi I A e I B della sezione Classica hanno visitato l’Arsenale della Pace di Torino, il “monastero metropolitano” del Servizio Missionario Giovani.

Sermig_2Dopo due ore di viaggio arriviamo all’Arsenale, accolti da alcuni giovani volontari. Ci bastano pochi passi per entrare in un nuovo mondo.
L’ideale di pace e di umiltà compare in ogni angolo: un muro su cui è impressa la filosofia “La bontà è disarmante” si alza nel centro della struttura, quasi a ricordare la precedente vita della fabbrica di armi, salvata dalla speranza e dalla determinazione di un gruppo di volontari che nel 1983 l’hanno trasformata nel centro di incontro tra religioni e culture che oggi è.Sermig_1

La storia del Sermig inizia però alcuni anni prima, nel 1964. Ernesto Olivero istituisce il Servizio Missionario insieme ad alcuni amici, con l’intento di realizzare il sogno di vincere la fame nel mondo e di vivere la solidarietà verso i più poveri in prima persona.
Con il tempo la grande famiglia di missionari si allarga, arrivando ad accogliere coppie di sposi e famiglie, monaci e monache e altri giovani volontari che si dedicano con amore al servizio dei poveri.
Così nei primi anni Ottanta nasce l’Arsenale della Pace, una superficie di quarantamila metri quadrati che migliaia di donne e uomini hanno trasformato, con il loro lavoro gratuito, in una casa di accoglienza per i poveri che oggi offre pasti, cure sanitarie, un rifugio per la notte a sostegno delle persone che vogliono cambiare la loro vita; inoltre ospita una scuola per artigiani restauratori e un laboratorio del suono per il perfezionamento musicale, ai quali partecipano giovani studenti provenienti da tutto il Paese.
Nel 1996 il Sermig apre l’Arsenale della Speranza per l’accoglienza del popolo della strada di San Paolo, in Brasile.
Dal 2003 la fraternità del Sermig opera anche in Giordania, con l’Arsenale dell’Incontro, un luogo in cui vengono accolti giovani portatori di handicap e in cui si promuove l’incontro e il dialogo fra persone di culture differenti.
Il Servizio Missionario Giovani è riuscito così a dare ogni giorno una speranza a milioni di persone nel mondo.

Sermig_4Se fino a poco tempo fa noi stessi eravamo inconsapevoli del bene che potremmo fare per aiutare chi più ne ha bisogno, dopo questa esperienza abbiamo compreso il vero significato della solidarietà. In questo ci è stato d’aiuto l’esperimento proposto a fine giornata, la “merenda dei popoli”.
Il tutto è iniziato con una semplice domanda: “Hai scelto tu di nascere dove sei nato?”. Sotto lo sguardo incredulo e scettico dei nostri compagni, ognuno di noi rispondeva di no. Soltanto dopo esser stati divisi in base alle nostre nuove identità, dettate da un documento fittizio che descriveva il nostro nuovo Paese d’origine, il nostro nuovo stato sociale e i nostri segni particolari, abbiamo iniziato ad intuire cosa sarebbe accaduto.Sermig_3
Quelli che tra di noi interpretavano dei padri di famiglia rimasti senza lavoro, dei bambini costretti a lavorare nelle miniere o nelle industrie per pochi spiccioli al giorno, delle madri i cui occhi avevano visto i propri figli morire in battaglia, erano in fondo alla scala sociale. Ognuno di noi si ritrovava affamato, con una sola nocciolina a disposizione, e con la consapevolezza che non avrebbe potuto bere dell’acqua. Chi era benestante si rassicurava del fatto che non sarebbe morto di fame, mentre i grandi imprenditori ed ereditieri che rappresentavano la minoranza ricca della popolazione terrestre avevano a disposizione quantità di cibo che sarebbero bastate a sfamare il mondo intero.
Si dà il via al gioco. Per un attimo il tempo sembra fermarsi, mentre ognuno di noi pensa a quale sia la cosa migliore da fare. Alla fine tutti si alzano, attraversano oceani immaginari, terre desolate, e giungono fino all’altro capo del mondo: c’è chi porta l’acqua, chi porta il cibo, chi rinuncia ai propri averi per darli ai più poveri. In cinque minuti tutto il cibo a disposizione scompare, e noi ci ritroviamo chi per terra, chi in piedi, a sorridere. Bastava davvero così poco per sfamarci tutti? Bastava davvero soltanto provarci?Sermig_5

La verità è che ognuno di noi sapeva di aver sbagliato, fino ad allora, ad ignorare i problemi del mondo. Era necessario soltanto coltivare la speranza e un briciolo di buona volontà. Magari non potremo cambiare il mondo in un solo giorno, ma almeno possiamo provarci.

Antonia Vincovici

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